Acqua pubblica, a che punto siamo?

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«Perché sette mesi dopo i referendum non è (ancora) cambiato niente?». Questo era l’occhiello di un articolo del ilpost.it datato 11 febbraio 2012. Quattro anni dopo possiamo scrivere lo stesso. Siamo ancora fermi al vuoto post referendario, l’abrogazione, così come avvenuta, ha lasciato un vuoto normativo: non è chiaro come regolarsi per l’affidamento del servizio idrico e per il calcolo delle tariffe. Diverse amministrazioni hanno deciso, nell’incertezza normativa, di prolungare l’affidamento delle risorse idriche alle aziende che lo gestivano, con tanto di ricorsi e proteste per un atto lecito ma politicamente controverso.

Insomma si continua a fare un po’ come si può e conviene… ai privati.

Ma perché l’esito della consultazione referendaria non è mai stato ratificato da una legge nazionale e l’acqua è ancora affidata al mercato? Ricordiamo che i quesititi sull’acqua pubblica furono i più votati e il sì ottenne oltre il 95 per cento dei voti. Il messaggio era chiarissimo: l’acqua bene pubblico, bene comune, non può e non deve sottostare alle leggi di mercato. Votando sì, si scelse di abrogare la legge del Governo Berlusconi che obbligava ad andare a gara per affidare il servizio idrico e a cedere quote azionarie ai privati. Privati che – secondo quesito del referendum – non avrebbero più potuto inserire in tariffa i loro profitti.

«Sono passati quattro Governi e però di fatto l’esito referendario rimane disatteso e anzi si sta andando in direzione ostinata e contraria: un esempio eclatante è il fatto che con la Legge di Stabilità dell’anno scorso si incentivano gli enti locali cedere le quote con cui partecipano alle aziende con cui garantiscono il servizio idrico e i servizi pubblici. L’obiettivo finale è di cedere al mercato servizi pubblici essenziali» ben spiega Paolo Corsetti portavoce del Forum italiano dei movimenti per l’acqua bene comune.

Insomma pare che il Governo incoraggi e voglia sostenere i grandi gestori già presenti in Italia così da renderli più forti per poter competere con le grandi multinazionali. Come fa? Il decretoSblocca Italia e la Legge di stabilità incentivano processi di aggregazione, fusione e dismissione delle partecipate dagli Enti Locali, a vantaggio dei quattro grandi aziende – A2A, Iren, Hera e Acea – già quotate in Borsa. E non dimentichiamo il Ddl Madia, che, se approvato nell’attuale versione, rappresenta un’ulteriore delega al Governo con indicazioni precise che puntano al rilancio dei processi di privatizzazione.

Come si traduce questa manovra? Prendiamo il caso siciliano: il Governo ha impugnato la legge che la Regione Sicilia aveva fatto per tornare all’acqua pubblica e ora l’acqua è ancora in balia del mercato, e l’isola ha raggiungendo il record della privatizzazione con 5 gestori privati su 9. Le conseguenze le potete vedere su Presadiretta che ha documentato la folle, triste e assurda situazione della provincia di Agrigento.

Sono intervenuti anche i segretari confederali della Cgil, Danilo Barbi e Fabrizio Solari in un comunicato diffuso ieri (17 febbraio).

«Il testo non ancora ufficiale e attualmente in circolazione contiene indicazioni che di fatto annullerebbero l’esito del referendum: l’esclusione del servizio idrico dalla gestione in economia e il tentativo di inserire norme in materia di tariffe in contrasto con l’esito referendario. Pur consapevoli della necessità di completare il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali, che devono diventare sempre più competitivi e di livello economico e garantire i bisogni dei cittadini nella loro comunità locale contrasteremo l’approvazione di quei punti del testo unico palesemente in contrasto con i risultati del referendum».

«La battaglia è ancora aperta e noi non ci tireremo indietro. Tutta Slow Food Italia – tra i promotori del Forum italiano dei movimento per l’acqua bene comune – è pronta a ripetere se necessario l’esperienza di 4 anni fa. Metteremo a disposizione le nostre sedi locali e cercheremo di tenere informati quanto più possibile sulla situazione. Nel 2011 oltre il 50% degli elettori italiani ha chiesto chiaramente e a gran voce un intervento legislativo. Come è possibile che ancora non si sia arrivati a formulare una vera riforma del servizio idrico integrato?L’augurio è che la legge di iniziativa popolare, attualmente in discussione alla Camera, possa colmare il vuoto legislativo e soprattutto dotare il nostro Paese di una normativa che la tuteli l’acqua e la sua qualità, e che soprattutto la restituisca a tutti noi» assicura Gaetano Pascale presidente di Slow Food Italia.

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